L’aumento delle bollette di energia e gas sta mettendo a dura prova le tasche degli italiani e non solo. I rincari erano comunque già stati ampiamente previsti negli ultimi mesi del 2021, lo stesso ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani avvertiva dei primi provvedimenti presi dal governo per limitare, almeno in parte, la crescita degli importi. Ma quali sono le reali cause di bollette tanto salate?
Impennata dei costi in bolletta: era prevedibile
Già a settembre 2021 il ministro Cingolani lanciava un monito: la bolletta elettrica, già aumentata del 20% nel trimestre precedente, sarebbe aumentata del 40% nel trimestre successivo. Quel monito ha trovato conferma nella realtà di questi mesi. Lo stesso Cingolani spiegava che nel trimestre luglio-settembre dello scorso anno il rialzo era stato contenuto grazie ad un provvedimento del governo, un’azione sugli oneri generali che aveva permesso di contenere i rincari al +9,9%. A luglio, grazie alla vendita di Ets – Emission Trading Scheme erano stati stanziati 1,3 miliardi di euro che avevano appunto evitato rincari ancora più pesanti. Nemmeno l’intervento del governo è comunque bastato.
In audizione al Senato l’Arera, l’Autorità di Regolazione Energia Reti e Ambiente, ha sottolineato che “pur con gli interventi straordinari da parte del Governo, nel primo trimestre 2022 sul primo trimestre 2021 si è registrato un aumento del 131% per il cliente domestico tipo di energia elettrica (da 20,06 a 46,03 centesimi di euro/kWh, tasse incluse) e del 94% per quello del gas naturale (da 70,66 a 137,32 centesimi di euro per metro cubo, tasse incluse)”.
Intanto per il primo trimestre 2022 l’Arera ha provveduto ad azzerare gli oneri generali di sistema per tutte le medie-grandi imprese con potenza pari o superiore a 16,5 kW, applicando quanto previsto dal governo con il decreto sostegni-ter, approvato a gennaio.
Alla luce di questa stangata per gli italiani torna prepotentemente alla ribalta un argomento su cui si dibatte da tempo, vale a dire una riforma degli oneri generali più incisiva che possa rendere le bollette più leggere e possa, ad esempio, eliminare tutte quelle voci legate al sostegno alle energie rinnovabili, da spostare sotto la fiscalità generale; l’Arera stessa propone di eliminare dalle bollette tutti gli oneri non direttamente connessi agli obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile e quelli finalizzati al contrasto della povertà energetica.
Al di là dei provvedimenti per arginare gli aumenti e delle trattative sull’eliminazione di alcune voci che continuano a pesare sulle tasche dei consumatori, possiamo provare a risalire alle cause principali che hanno determinato un aumento così gravoso degli importi durante questi mesi.
Aumenta la domanda di gas
La prima causa degli aumenti è il trend al rialzo del mercato dell’energia, trend che da luglio 2021 tocca punte da record. A monte, una delle cause primarie va ricercata nell’aumento dei prezzi delle materie prime, legato alla ripresa dell’economia su scala globale dopo la contrazione scatenata dalla pandemia; la ripresa si scontra però con forniture di gas ridotte, in primis dalla Russia.
Occorre ricordare due elementi chiave in questo ragionamento: l’Italia è il secondo importatore di gas in Europa e nel 2018 ha utilizzato il gas per ricavare il 45% della propria produzione di energia elettrica. Tutto questo, chiaramente, ha ripercussioni notevoli in bolletta in periodi come quello attuale in cui, archiviato il momento più complicato della pandemia e i primi lockdown mondiali, la richiesta di gas naturale liquido è letteralmente esplosa in aree come l’Europa, in cui viene utilizzato in grandi quantità come sostituto del carbone nella produzione di energia. A questo si sommano altri elementi, non da ultimo il costo elevato del trasporto. In altre parole, se il gas è meno inquinante rispetto alle fonti fossili, è anche più costoso perché va portato fino a destinazione.
Aumenta anche il prezzo della CO2
L’altra causa della crescita vertiginosa degli importi in bolletta è l’aumento dei prezzi dei permessi di emissione di CO2. In Europa, secondo lo schema Ets, le grandi aziende devono pagare per poter emettere sostanze inquinanti. Capita anche che questo “permesso di inquinare”, cioè le quote di emissioni consentite ad ogni azienda, vengano di fatto scambiate e acquistate. Se un’azienda è “costretta” ad acquistare permessi oltre quelli che possiede deve poi recuperare quel costo e va a scaricarlo sul consumatore finale, vale a dire sulle bollette. L’Unione Europea sta adottando via via politiche sempre più severe a favore della transizione ecologica e questo ha avuto come conseguenza uno “schizzare” dei permessi fino a cifre attorno ai 50 euro/tonnellata di CO2.
Importazioni, pandemia e meteo
La ripresa economica ha fatto quindi aumentare la domanda di gas, materia prima la cui disponibilità ha iniziato a scarseggiare ma sulla quale conta gran parte dell’Europa, Italia compresa. Intanto, dall’altra parte del mondo, l’Asia ripartiva prima dell’Europa e quindi riceveva per prima le forniture, che dalla Russia subivano tuttavia una battuta d’arresto per via di fattori prettamente politici (in primis il raddoppio del gasdotto North Stream). Tutto questo, insieme al rialzo del prezzo dei permessi di emissione di CO2, spiega le ripercussioni sugli oneri a carico del consumatore finale. Ma hanno contribuito anche fattori più semplici da comprendere e slegati dalle questioni geopolitiche e di mercato, come la situazione meteo. Nel 2021 abbiamo avuto una primavera piuttosto fredda e un’estate molto calda, con una conseguente crescita nell’utilizzo di gas per alimentare i sistemi di riscaldamento e, poi, per la produzione di energia elettrica utile ad alimentare gli impianti di raffreddamento. Ecco perché i rincari previsti per il 2022 erano effettivamente prevedibili.